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Gli Italiani Hanno Diritto ad un Governo Trasparente

A group of men read a newspaper in the town of Nola, Italy, on June 25, 2016. © Laura Lezza/Getty

Quanto spende il vostro sindaco in viaggi e cene ogni anno? Quanti soldi investe la Regione per prevenire la violenza domestica? Nella vostra zona qual è la percentuale di bambini vaccinati contro la poliomielite?

Queste sono soltanto alcune delle circa ottocento richieste di accesso generalizzato presentate dai volontari di Diritto di Sapere a diverse Pubbliche amministrazioni tra dicembre 2016 e febbraio 2017, grazie all'entrata in vigore della legge sul diritto di accesso, ovvero il primo Freedom of Information Act (FOIA) italiano.

Tuttavia, nonostante la nuova normativa, come si può leggere sul nostro ultimo rapporto “Ignoranza di Stato”, solo 136 richieste hanno ricevuto una risposta soddisfacente (ovvero, la Pubblica amministrazione, se ne era in possesso, ha garantito l’accesso ad almeno l’80% delle informazioni richieste). Altre richieste Foia hanno ricevuto solo una risposta parziale mentre alcune sono state rifiutate. Il dato peggiore, però, riguarda le domande che le Pubbliche amministrazioni hanno semplicemente ignorato (73%).

Diritto di Sapere è stata tra le 32 organizzazioni che hanno supportato la nascita del primo Foia italiano che, dopo due anni di duro lavoro, è stato adottato a maggio 2016, per entrare in vigore a dicembre dello stesso anno. Sfortunatamente, però, quel che il nostro rapporto ha reso evidente è che sono ancora troppi gli enti pubblici in Italia a non mantenere i loro impegni.

Crediamo che l'accesso alle informazioni possedute dalle Pubbliche amministrazioni sia un diritto umano fondamentale. Crediamo, inoltre, che dare la possibilità ai cittadini di avere accesso a informazioni nelle mani di enti locali, regionali e nazionali, e permettergli di rilevare e giudicare corruzione e mala gestione, sia un tassello importante per permettere a tutti di partecipare alla vita democratica del nostro Paese. Non da ultimo, l'accesso alle informazioni aiuta a proteggere altri diritti e libertà fondamentali.  

Queste sono solo alcune delle ragioni per cui abbiamo sostenuto l’approvazione della legge sul diritto di accesso. Tuttavia, come è stato raccontato nel nostro report, la norma entrata in vigore il 23 dicembre scorso è troppo debole e – in molti casi - non è applicata correttamente dalle PA. Ad esempio, anche se il Foia italiano obbligherebbe le Pubbliche amministrazioni a rispondere a una richiesta di accesso entro trenta giorni, il nostro monitoraggio ha rilevato che sette richieste su dieci non hanno ricevuto alcun riscontro di nessun tipo. Un comportamento inaccettabile.

È da segnalare che in molti casi gli enti pubblici hanno rigettato alcune delle richieste dei nostri volontari senza fornire alcuna spiegazione, anche se la legge stabilisce che, anche se alcune circostanze possono portare le PA a non volere rivelare determinate informazioni, è comunque necessario spiegare al richiedente il motivo di questa scelta. In altri casi, le Pubbliche amministrazioni hanno fornito per i loro dinieghi motivazioni che non rientravano tra quelle elencate dalla normativa.

Ad esempio, un giornalista che ha partecipato al nostro monitoraggio ha chiesto a un ente sanitario locale quale fosse la percentuale di bambini vaccinati contro determinate malattie (come la poliomielite o il tetano), ma l’ente si è rifiutato di rispondere dicendo che il giornalista non aveva presentato una motivazione a giustificazione della domanda di accesso. Eppure, il Foia italiano dice chiaramente che una richiesta non deve essere giustificata né spiegata. In altre parole, in questo caso la risposta della Pubblica amministrazione era completamente illecita, ma non per questo l'ente ha subito conseguenze.

Naturalmente, abbiamo anche assistito a esempi di attuazione effettiva della legge. Infatti, alcune istituzioni pubbliche hanno più che superato ogni aspettativa, rispondendo velocemente e  fornendo più informazioni di quelle richieste. Questo è stato il caso dell’Università di Pavia, dove una studentessa ha chiesto accesso ai piani di costruzione di una futura biblioteca interrata nonché alla corrispondenza tra l’università e la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio della provincia. In questo caso, la richiedente ha ricevuto tutte le informazioni richieste, e le è stato confermato che la futura biblioteca non metterà a repentaglio alcun patrimonio archeologico. 

Questo esempio mostra come la legge sull'accesso permetta ai cittadini di entrare in possesso di informazioni che non erano rese pubbliche. Tuttavia, il Governo dovrebbe fare in modo che il nuovo Foia italiano abbia gli strumenti necessari per essere applicato correttamente, adottando varie misure per assicurarsi che la legge funzioni come dovrebbe. In primo luogo, i funzionari pubblici dovrebbero essere ben informati sui loro obblighi. Inoltre, il Governo potrebbe fornire ai cittadini alcuni strumenti per permettere loro di denunciare le richieste che sono state ignorate o le cui risposte sono irragionevolmente tardive o inadeguate. Nel Regno Unito e in Croazia, per esempio, esiste una commissione che risponde proprio a questa necessità. Infine, dovrebbero esistere delle  sanzioni per le Pubbliche amministrazioni che si rifiutano di applicare questa legge.

È necessario che le Pubbliche amministrazioni definiscano delle procedure chiare e trasparenti per gestire le richieste d'accesso, oltre a dovere rendere queste procedure il più possibile trasparenti, accessibili e affidabili.

Perché in Italia, le Pubbliche amministrazioni non saranno mai trasparenti fino a che i cittadini non si assumeranno le loro responsabilità,  rivendicando anche questo nuovo diritto di accesso alle informazioni nelle mani dei palazzi di vetro. Il Freedom of Information Act italiano è il primo passo, ma se gli italiani vogliono raggiungere la trasparenza che meritano, il Governo e i cittadini dovranno continuare ad andare avanti insieme.

L’organizzazione Diritto di Sapere è beneficiaria della Open Society Foundations.

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